Uno dei fattori fondamentali che influisce sui prezzi di power e gas è la CO2 . L’abbiamo vista correre fino ai 30 EUR/tonnellata, raggiunti a fine luglio 2019, e l’abbiamo vista crollare nuovamente a quasi 15 a metà marzo 2020. E adesso cosa sta succedendo?
Il prezzo della CO2 è strettamente legato al consumo di combustibili fossili, soprattutto nell’ambito della generazione elettrica, poiché nel processo di produzione dell’elettricità da gas, carbone o oli combustibili, si produce CO2 e i produttori hanno l’obbligo di acquistare quote di emissione di CO2 per ripulire la propria produzione. Questo meccanismo durante il lockdown ha sofferto l’improvviso stop delle attività produttive europee, per più di due mesi i maggiori paesi del continente hanno fermato le industrie e i consumi, provocando di conseguenza un forte calo della domanda, e dunque dei prezzi, della CO2.
Con la graduale ripresa e il tanto atteso ritorno alla (quasi) normalità, i consumi stanno ricominciando a crescere, le imprese riaprono e la domanda di energia sta pian piano risalendo. La CO2 però, dopo il crollo fra il 15 e il 18 marzo in cui ha perso oltre 8,5 EUR/ton (passando dai 24 ai 15 EUR/tonnellata, - 37%), ha ricominciato la sua risalita, arrivando in questi giorni a sfiorare di poco i 30, ben al di sopra dei livelli pre-Covid.
Questo ritorno al di sopra dei 24 EUR/tonnellata sembra però esser spinto da fattori che poco hanno a che fare con i fondamentali del mercato, ovvero la domanda reale di quote.
Sebbene il meccanismo MSR (Market Stability Reserve) sia nato proprio per razionare l’offerta di titoli e di conseguenza mantenere alti i prezzi, è difficile credere che la domanda di titoli quest’anno possa giustificare i 28/29 EUR/tonnellata attuali, considerando che il coronavirus, sebbene il lockdown sia terminato, sta ancora influendo molto sulle abitudini di lavoro (lavoro da remoto, smartworking e similari) e consumo degli europei.
Inoltre, è strano pensare che i prezzi della CO2 abbiano ricominciato la loro risalita già da fine marzo, con l’intera Europa in pieno lockdown e il ritorno alla normalità ancora un lontano miraggio.
Alzando lo sguardo dal mondo energy e guardandosi intorno, però, si può notare come la CO2 abbia invece seguito l’andamento di alcuni indici normalmente poco correlati alla CO2, come ad esempio l’equity.
Negli ultimi anni i futures sulla CO2 sono diventati un prodotto molto appetito da banche e fondi di investimento che hanno ingenti capitali da riversare sui mercati finanziari più liquidi (e in questa fase di politiche monetarie espansive i capitali sono ancora maggiori).
Questa massiccia finanziarizzazione della CO2 ha dunque portato, fra i driver del prezzo, anche fattori esterni ai fondamentali (ovvero domanda e offerta delle quote di emissione fisiche). In alcuni periodi, come questo ultimo trimestre, infatti, le dinamiche del prezzo sono state guidate dalle aspettative degli investitori istituzionali più che dagli operatori del settore energy e per questo motivo la correlazione fra diversi indici finanziari e CO2 è aumentata.
Fra i motivi di questa ondata di ottimismo, oltre all’aumento dei capitali disponibili per gli investimenti, ci sono anche le attese degli operatori rispetto ad un inasprimento delle misure di sostegno al prezzo della CO2.
L’ormai noto Green Deal con il quale la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen punta ad innalzare del 40 o 50% i target di riduzione delle emissioni attualmente previsti per il 2030, insieme alla proposta di Francia e Germania di stabilire livello minimo di prezzo per i titoli di emissione (si parla di 25€/tonnellata) e alla revisione dell’MSR prevista per il 2021, hanno spinto gli speculatori ad investire in attesa del concretizzarsi di queste misure ambientali.
E’ evidente dunque che il reale equilibrio fra domanda offerta sia stato messo da parte rispetto alle attese degli speculatori, che hanno anticipato gli effetti delle misure green europee sui prezzi della CO2.
Se per produrre energia elettrica da gas naturale o altre fonti fossili i produttori devono acquistare quote di emissione di CO2, è chiaro che le dinamiche dei prezzi della CO2 abbiano un impatto diretto sui prezzi dell’energia elettrica. Infatti, sia il forte crollo di metà marzo che la continua risalita fino ad oggi delle quotazioni della CO2 sono stati replicati dal power, che si trova oggi ai livelli pre lockdon, nonostante i prezzi del gas siano ancora ben al di sotto di quanto non fossero a fine inverno.
Non è facile dire quale pattern verrà seguito dalla CO2 nei prossimi mesi, ma è chiaro che per il raggiungimento degli obiettivi europei il prezzo delle quote di emissione dovrà essere sufficientemente alto da rendere non profittevole la produzione di energia elettrica da fonti molto inquinanti come il carbone e la lignite.
È possibile dunque che, nonostante la volatilità dovuta all’alta finanziarizzazione del mercato CO2, nel medio termine le politiche di razionamento dell’offerta di titoli unite ad ulteriori azioni di sostegno dei prezzi, possano spingere i prezzi della CO2 ben al di sopra dei 30 €/tonnellata, influenzando di conseguenza anche i prezzi del power.