La richiesta di fixing o in generale la fissazione di un prezzo per la fornitura di energia elettrica o gas naturale, risulta in questo periodo molto onerosa non solo a causa del livello assoluto dei prezzi o dei maggiori costi finanziari derivanti da questi aumenti (ne abbiamo parlato nell’articolo Fixing e prezzi alti, quali conseguenze?), ma anche in buona parte a causa della volatilità e della liquidità del mercato.
Quando un cliente richiede un fixing, il fornitore, per essere in grado di fare un’offerta al cliente e coprirsi a sua volta, fa riferimento ai prezzi del mercato all’ingrosso. Qui, per ogni prodotto standard della curva forward è presente una quotazione che è data da un bid (il prezzo più alto a cui gli operatori sono in quel momento disposti ad acquistare) e un ask (il più basso prezzo a cui gli operatori sono disposti a vendere).
Quando il bid/ask, ovvero la differenza fra il migliore bid e il migliore ask, è di pochi centesimi di €/MWh, significa che è veloce e poco costoso aprire e chiudere delle posizioni, che ci sono molti operatori attivi sul mercato e alti volumi scambiati e dunque si dice che la liquidità è elevata. Viceversa, se la differenza è ampia, è difficile che la domanda e l’offerta si incontrino e dunque le transazioni sono più lente e meno numerose e la liquidità in questo caso si dice bassa.
Il prezzo “fair” o “giusto”, è normalmente la media fra il bid e l’ask, il punto di incontro ideale fra la domanda e l’offerta. Maggiore è la liquidità, più la differenza fra il prezzo “fair” e il bid o l’ask è inferiore. Con liquidità bassa, invece, il prezzo “fair”, ovvero il prezzo medio, ha una differenza consistente rispetto al bid o all’ask e questo comporta una maggiore difficoltà nel negoziare una transazione.
Quando il fornitore deve fare una quotazione al cliente, dunque, l’alta o bassa liquidità ha un impatto diretto sul prezzo del fixing. In un momento di alta liquidità il fornitore non ha difficoltà a negoziare una transazione sul mercato, il prezzo da lui ottenuto sarà molto vicino al prezzo di ask e a poca distanza dal prezzo “fair”. Per questo motivo non sarà necessario richiedere una commissione molto elevata al cliente.
In un momento di scarsa liquidità, il fornitore potrebbe non riuscire a chiudere facilmente la transazione, nemmeno pagando un prezzo più alto del prezzo ask. Per questo motivo il prezzo offerto al cliente dovrà essere abbastanza elevato da consentire al fornitore di coprirsi a sua volta e sarà tendenzialmente molto maggiore di quello “fair”.
La volatilità del mercato rappresenta l’ampiezza delle oscillazioni dei prezzi in un determinato periodo di tempo. Quando viene richiesto un fixing da un cliente, anche la volatilità è un elemento di impatto non trascurabile sull’offerta fatta dal fornitore. Non solo l’indicazione del prezzo, ma anche la durata temporale dell’offerta (entro cui il cliente ha facoltà di confermare o rifiutare il fixing proposto dal fornitore) sono dipendenti dalla volatilità del mercato.
Quando la volatilità è bassa, le oscillazioni di prezzo sono moderate ed è minore il rischio che il mercato salga e superi il livello di prezzo a cui il fornitore tendenzialmente dovrebbe coprirsi. Viceversa, se il mercato è molto volatile, è più facile che le oscillazioni provochino il superamento del prezzo di riferimento del fornitore e che questi possa subire una perdita.
Per questo motivo, quando la volatilità è bassa il prezzo che viene offerto dal fornitore solitamente incorpora una componente contenuta di maggiorazione a tutela del margine del fornitore e la durata dell’offerta di fixing è più lunga. Viceversa, con una volatilità elevata, il fornitore tenderà a proporre un prezzo maggiore per non rischiare di subire una perdita e il tempo di validità dell’offerta potrebbe ridursi.
Maggiore è la durata dell’offerta richiesta dal cliente, maggiore dovrebbe essere, a parità di condizioni, il prezzo proposto dal fornitore, in modo che possa tutelarsi dalle oscillazioni dei prezzi per il tempo necessario al cliente per accettare o meno l’offerta di fixing.
In periodi di bassa liquidità e/o alta volatilità il fixing tende dunque a risultare più oneroso per il cliente, a causa della necessità del fornitore di tutelarsi a sua volta. Questo non significa che, nonostante tutto, non valga la pena richiedere dei fixing, ma solo che le condizioni di mercato potrebbero comportare dei costi addizionali.
La scelta di fissare o meno il prezzo di una quota della propria fornitura dovrebbe comunque basarsi sulla view di mercato e sulla valutazione del rischio che mantenere un prezzo indicizzato comporta.