Si sente spesso parlare di stop loss e take profit in riferimento ai contratti di fornitura indicizzati con possibilità di fixing. Qual è il significato di questi termini derivati dal trading e perché può essere utile imparare ad usarli?
Normalmente, entrambi questi termini indicano un’operazione (acquisto o vendita) con la quale si mette fine alla propria esposizione rispetto ai movimenti dei prezzi di mercato. Nel caso della “stop loss”, ovvero letteralmente “stop alle perdite”, si chiude una posizione che genera una perdita, onde evitare che i movimenti di mercato provochino danni ulteriori ritenuti non accettabili. Nel caso del “take profit”, ovvero “prendi il profitto”, si chiude una posizione che sta generando un guadagno, per consolidare il profitto atteso e non rischiare che i movimenti di mercato possano erodere il margine positivo ottenuto.
Entrambi i termini portano con sé una componente di valutazione (ho fatto bene, ho fatto male, sto guadagnando molto, sto perdendo troppo) che non può prescindere dalla comparazione fra il prezzo di mercato e un prezzo di riferimento (o benchmark). Per esempio, se un trader ha acquistato 1 MW di calendar 2022 ad un prezzo di 100 €/MWh, il guadagno (se il prezzo del mercato sale) o la perdita (se questo scende) sono dati dalla differenza fra il prezzo di mercato e il prezzo a cui è stato acquistato il calendar.
La stop loss sarà dunque quel livello di prezzo oltre il quale la differenza rispetto al prezzo di acquisto genera una perdita eccessiva e che comporta la chiusura immediata della posizione. Il take profit, ugualmente, sarà quel livello di prezzo oltre il quale la differenza rispetto al prezzo di acquisto genera un profitto sufficiente e il trader desidera chiudere la posizione per realizzare il guadagno.
Calando questi termini nel mondo dei contratti di fornitura indicizzati con fixing, una “stop loss” è la richiesta di un fixing in un momento in cui il mercato è bullish, per fermare le perdite ed evitare che il costo della propria fornitura lieviti ulteriormente (prezzo massimo). Viceversa, un take profit è la richiesta di fixing per approfittare di un mercato in discesa e fissare un prezzo ritenuto conveniente per la propria fornitura (prezzo target).
Anche in questo caso è necessario identificare un livello di riferimento benchmark che ci consenta di valutare la “perdita” o il “guadagno” e dunque anche definire la stop loss e il take profit.
Molto spesso un cliente utilizza come benchmark il prezzo stabilito in sede di budget, al di sopra del quale il prezzo della fornitura viene considerato “alto” e al di sotto del quale, viceversa, sarà considerato “basso”. Di conseguenza, la stop loss del cliente è quel livello di prezzo oltre il quale il costo della fornitura è ritenuto “non accettabile” perché troppo alto rispetto al benchmark utilizzato. Se il mercato dovesse raggiungere questo livello, dunque, farà scattare l’immediata richiesta di fixing per non incorrere in un aggravio ulteriore dei costi di fornitura. Il take profit del cliente, viceversa, sarà quel livello di prezzo considerato così “conveniente” rispetto al prezzo benchmark da richiedere subito un fixing per non rischiare di perdere l’opportunità di risparmio.
Questo tipo di valutazione però, se non affiancata da una view di mercato e da un’attenta analisi delle dinamiche dei prezzi attuali, rischia di soffrire di una rigidità che non consente di approfittare appieno della flessibilità offerta dal contratto di fornitura indicizzato con fixing.
Infatti, può accadere che, in un mercato bullish, la stop loss del cliente, sia talmente “bassa” rispetto al livello del mercato che prima viene ignorata, per il timore di fissare un prezzo molto alto, e poi abbondantemente superata, comportando perdite consistenti nella speranza di un ritracciamento del mercato. Viceversa, in un mercato ribassista, può capitare che il take profit del cliente venga esercitato troppo in fretta, non consentendo di approfittare ulteriormente del ribasso atteso, il che, a ben vedere, potrebbe smorzare l’entusiasmo dato dal risparmio conseguito.
Insomma, è corretto avere dei riferimenti di stop loss e take profit “interni”, ma il fatto che questi siano spesso parametrati in maniera statica rispetto a un prezzo di budget o rispetto ai costi dell’anno precedente potrebbe essere un elemento di disottimizzazione in un contesto di mercato che è dinamico e in evoluzione continua.
Seguendo l’evoluzione del mercato è possibile utilizzare il concetto di stop loss e take profit in maniera più flessibile, basandosi non più solo su un riferimento di prezzo “interno”, ma anche su un riferimento “di mercato”. Ad esempio, se il mercato si trova in una fase di ribasso ed il prezzo è considerato “conveniente” per un fixing (rispetto al prezzo benchmark del cliente) ma la view indica che i prezzi dovrebbero continuare a scendere, invece di richiedere il fixing oggi si potrebbe attendere l’ulteriore discesa prevista, stabilendo nel contempo un target, rispetto al prezzo odierno, oltre il quale chiedere un fixing limitando il rincaro, nel caso la view fosse smentita. Questo significa utilizzare una stop loss “di mercato”, parametrata cioè sulla base di un mercato che è in continua evoluzione invece che solo su un livello di benchmark statico.
Per utilizzare correttamente le stop loss e i take profit è necessario però conoscere la propria propensione al rischio. Non tutti i clienti sono disposti a rischiare di fissare un prezzo peggiore pur di avere la possibilità di seguire il ribasso previsto dalla view, così come non tutti sono disposti a stoppare le perdite quando il prezzo è ormai alle stelle, preferendo rischiare molto nella speranza che il mercato inizi a scendere. E’ giusto dunque adeguare l’individuazione delle stop loss al livello di rischio di ciascuno: una minore propensione al rischio comporta livelli di stop loss e take profit più stretti, che proteggano da perdite importanti a fronte, spesso, di una minore possibilità di risparmio; una elevata propensione al rischio, invece, consente di raccogliere tendenzialmente risparmi maggiori, a fronte di potenziali perdite più importanti.
La gestione di stop loss e take profit, inoltre, può essere impostata diversamente in base a quanto tempo rimane prima dell’inizio della delivery della fornitura. Avere mesi e mesi prima dell’inizio della fornitura consente di gestire i take profit e, soprattutto, le stop loss con maggiore tranquillità, perché il mercato potrebbe avere il tempo di cambiare assetto, mentre a poche settimane dall’inizio dei consumi il tempo per una eventuale discesa dei prezzi è molto più limitato.
Insomma, le possibilità di ottimizzazione offerte da un contratto di fornitura a prezzo indicizzato con fixing sono interessanti, ma senza un adeguato presidio del mercato e senza un approccio metodico alla gestione dei fixing è difficile riuscire a coglierle.