In Italia si è rinunciato al nucleare ormai decenni fa, ma uno dei Paesi a noi vicini ne è invece il leader indiscusso in Europa. La Francia, infatti, è il Paese europeo che sfrutta maggiormente l’atomo per la produzione di energia elettrica (vi si trovano infatti più della metà delle centrali nucleari europee), e il cui mix è caratterizzato da una quota di energia prodotta da nucleare al di sopra del 70% (solo nel 2020 questa percentuale si è attestata leggermente al di sotto del 70% a causa di manutenzioni prolungate delle centrali).
Nonostante i mix di generazione elettrica dei diversi Paesi europei siano caratterizzati da alcuni elementi di tipicità (ne abbiamo parlato anche nell’articolo Energia rinnovabile, mix energetico e spinta green europea), grazie alle interconnessioni fra le reti elettriche nazionali, le dinamiche che impattano un mercato locale (es. Italia o Francia o Germania) si ripercuotono anche sui Paesi limitrofi, con i quali ci sono scambi di energia elettrica alle frontiere.
La Francia esporta verso i paesi limitrofi una buona quota dell’energia elettrica prodotta dalle sue centrali nucleari (il net export annuale si avvicina al 10% dell’energia totale prodotta in Francia) e questo fa sì che la disponibilità delle centrali nucleari francesi impatti anche sui mercati elettrici del centro/sud Europa.
In particolare, l’Italia, che acquista all’estero circa il 10/15% dell’energia necessaria a soddisfare la domanda nazionale annuale, è fortemente legata alle dinamiche del mercato francese e, dunque, alla disponibilità e all’output delle centrali nucleari.
Vediamo quindi quali sono le peculiarità e le criticità legate alla generazione nucleare e come queste impattano i mercati europei dell’energia elettrica.
Se la produzione elettrica da gas naturale, come abbiamo detto più volte, è una delle forme di generazione più flessibile e modulabile, la produzione nucleare è invece piuttosto rigida e difficile da modulare. Per questo motivo il profilo coperto dalle centrali nucleari è tendenzialmente il profilo baseload (24/7).
Come per tutte le centrali, anche per gli impianti nucleari è necessaria una manutenzione periodica. La criticità del processo di fissione, unita all’obsolescenza degli impianti nucleari francesi (ma anche, in generale, europei visto che l’età media è superiore ai 35 anni), fa sì che le manutenzioni debbano essere programmate quasi una volta all’anno per ogni centrale attiva, con l’azzeramento dell’output elettrico che dura all’incirca 4/5 settimane.
Considerando che la taglia media di una centrale attiva in Francia è di oltre 800 MW, ogni manutenzione implica che vengano a mancare quote davvero consistenti di produzione elettrica e dunque le manutenzioni vengono organizzate a rotazione, per fare in modo che non ci sia mai una sovrapposizione non gestibile di manutenzioni contemporanee.
Le manutenzioni, quando possibile, vengono principalmente concentrate nel periodo estivo, quando la domanda e i prezzi sono generalmente inferiori, affinché il maggior numero possibile di centrali possa esser pronta per produrre a pieno regime nel periodo invernale, quando la domanda è al suo picco annuale.
La disponibilità del nucleare è un driver estremamente importante per il mercato elettrico francese e, di conseguenza, per i mercati limitrofi. Il prolungamento inaspettato di una manutenzione o l’outage non programmato di un impianto possono causare notevoli sbalzi nei prezzi dell’energia elettrica, soprattutto nei periodi critici come l’inverno, quando la domanda sia di gas che di energia elettrica è ai massimi e la mancanza di produzione nucleare deve essere rimpiazzata da altri impianti di generazione più costosi.
Inoltre, come abbiamo detto, la Francia è uno dei Paesi del centro Europa che esporta maggiormente, sia grazie al basso costo dell’energia elettrica prodotta da nucleare, sia per la quota importante di profilo baseload da esso coperto, e per questo motivo la mancata produzione nucleare può provocare un aumento dei prezzi anche nei paesi limitrofi.
Le politiche europee spingono verso una denuclearizzazione progressiva e il dibattito sul tema (il nucleare è green oppure no?) è piuttosto caldo, ma la produzione nucleare ad oggi risulta non solo una quota consistente del totale, ma anche insostituibile a causa della mancanza di alternative già potenzialmente utilizzabili. I parchi nucleari presenti, poi, iniziano ad essere obsoleti e la maggior parte si trova quasi a fine vita.
A meno di un recupero di popolarità del nucleare in Europa, difficilmente nei decenni a venire le centrali in progressiva dismissione verranno sostituite da impianti di nuova generazione e questo, unito alla dismissione delle centrali a lignite e carbone già avviata in Germania negli ultimi anni, pone non pochi interrogativi sulle possibili alternative a disposizione dell’Europa.