È impossibile, nelle ultime settimane, non aver sentito parlare del Coronavirus e della rapida diffusione che sta avendo in Europa ma anche in tutto il mondo. Ma come questa epidemia sta influenzando i mercati delle commodities, e specialmente quello?
L’epidemia di Coronavirus, da pochi giorni estesasi all’Europa e agli USA, come è noto, ha avuto origine in Cina.
Quella Cina che da sola costituisce il maggior importatore di petrolio e gas naturale al mondo, la stessa Cina che in queste ultime settimane ha bloccato un gran numero di industrie e fabbriche per arginare la diffusione del virus, lasciando a casa i cittadini, fermando gli aeroporti e le stazioni ferroviarie e bloccando di fatto tutte le attività non indispensabili alla sopravvivenza.
La buona notizia è che uno stop quasi totale dei veicoli e delle industrie cinesi provocherà un crollo nelle emissioni di CO2 del Paese, quella brutta è che la domanda di petrolio e gas naturale è drasticamente diminuita (per il petrolio circa -3 milioni di barili al giorno, pari a quasi il 20% della domanda), al punto che i membri dell’Opec+ come misura di emergenza potrebbero applicare ulteriori tagli alla produzione di greggio per sostenerne i prezzi (-0,6 milioni di barili al giorno, circa l’1,5% dell’output attuale).
La domanda di petrolio e materie prime, già messa in pericolo dalla recessione dell’economia globale e dalla guerra commerciale fra USA e Cina, rischia di diminuire non solo in Cina e nei Paesi limitrofi (la Corea del Sud è già in piena emergenza), ma anche in Europa e USA, appena sfiorati fino ad ora dall’epidemia.
Il blocco totale o parziale delle attività produttive e dei trasporti causa una diminuzione della domanda di combustibili, petrolio e gas naturale in primis. Anche il gas naturale infatti sta soffrendo della ridotta domanda della Cina, che ha notevolmente diminuito l’import di gas naturale liquefatto (LNG), spesso invocando la forza maggiore (si stima una diminuzione del 23% da gennaio rispetto all’anno precedente).
Il minor appetito di LNG nell’area asiatica ha incentivato le navi a dirigersi verso destinazioni alternative, come ad esempio l’Europa, già inondata da un surplus di gas naturale senza precedenti, provocando una ulteriore discesa dei prezzi.
Di conseguenza il prezzo dell’energia elettrica in Europa, e soprattutto in Italia, è diminuito, a causa della discesa dei prezzi dei combustibili (primo fra tutti il gas, ma anche il carbone) utilizzati per produrla.
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