Da tempo ormai sentiamo parlare dei titoli di emissione di CO2 (EUA) in riferimento ai mercati europei di energia elettrica e gas naturale. Da inizio febbraio, in particolare, la CO2 ha fatto parlare di sé a causa di una esplosione delle quotazioni, che hanno superato più volte i 40...
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Sprint della CO2, come è arrivata a quota 40 €/t in tempi record?
Da tempo ormai sentiamo parlare dei titoli di emissione di CO2 (EUA) in riferimento ai mercati europei di energia elettrica e gas naturale. Da inizio febbraio, in particolare, la CO2 ha fatto parlare di sé a causa di una esplosione delle quotazioni, che hanno superato più volte i 40 €/tonnellata.
I prezzi della CO2 sono improvvisamente arrivati oltre la quota dei 40 €/tonnellata. Cosa sta succedendo e perchè?
Come impattano le news regolatorie e le politiche sul tema della CO2
Come avevamo anticipato nell’articolo "2021 CO2, i prezzi saliranno? ", già dall’inizio del 2021 ci si aspettava un certo fervore sul tema della CO2.
L’Unione Europea ha deciso di aumentare il target di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030, passando da un obiettivo iniziale di -40% rispetto alle emissioni del 1990 ad un nuovo target del -55%, ufficializzato a fine anno scorso.
Questa ulteriore spinta verso la riduzione delle emissioni, nell’aria dall’estate scorsa, ha dato un nuovo impulso alle quotazioni delle EUA (Permessi di emissione di CO2), strumento principale della lotta alle emissioni in Europa.
Il sistema ETS, inoltre, da quest’anno è entrato nella cosiddetta fase 4, ovvero un periodo nel quale viene ridotto sia il tetto massimo di emissioni annuali sia la quantità di titoli di emissione gratuiti a disposizione dei Paesi europei.
Grazie al meccanismo di Market Stability Reserve (MSR), attivo dal 2019, viene ridotta progressivamente l’offerta di titoli sul mercato per consentire un miglior equilibrio di domanda e offerta. Insomma, dal punto di vista regolatorio e politico, un rialzo dei prezzi della CO2 era uno degli obiettivi dichiarati da tempo.
Maggiore è il costo dei permessi di emissione, maggiore è la spinta, da un lato, verso la dismissione delle centrali elettriche inquinanti (soprattutto il carbone) a favore di energie rinnovabili e centrali a gas naturale, dall’altro verso un generale efficientamento e rinnovamento dei processi produttivi del tessuto industriale europeo.
Qual'è il legame tra la finanziarizzazione della CO2 e la speculazione?
Negli ultimi 4 anni, con l’aumentare dei prezzi della CO2 (nel 2017 i titoli di emissione difficilmente avevano un prezzo al di sopra dei 10 €/tonnellata) l’interesse di banche, istituti finanziari e fondi di investimento per il mercato della CO2 è andato aumentando, poiché se da un lato in un’ottica di lungo periodo il tema della riduzione delle emissioni offre delle ottime prospettive di investimento, dall’altro i tassi negativi sui capitali hanno incentivato la ricerca di opportunità di rendimento alternative.
Il risultato è stato un massiccio aumento dei capitali sul mercato dei prodotti futures sulla CO2 (quasi 10 volte maggiori nel 2020 rispetto al 2017), mercato che è passato dall’essere utilizzato dagli operatori del settore energetico per le coperture degli acquisti di titoli fisici, all’essere un mercato finanziario speculativo, in cui banche, ETF e fondi impiegano capitali importanti e negoziano volumi consistenti.
Cosa è prevedibile e cosa no nel mercato della CO2?
Un aumento dei prezzi era prevedibile? Sì, i fondamentali del mercato della CO2 mostravano chiaramente che il target dei 40 €/tonnellata era ormai in focus nel corso dell’anno 2021.
Era prevedibile che si arrivasse ai 40 €/tonnellata già a inizio febbraio? Probabilmente no. Fra i fattori bullish di quest’ultima parte dell’inverno, sicuramente le basse temperature (il cosiddetto picco termico) hanno contribuito ad aumentare la domanda di gas ed energia elettrica, con conseguente aumento della domanda di titoli di emissione.
Il prezzo della CO2 si muoveva da inizio gennaio in una banda di oscillazione fra i 31 e i 35 €/MWh e gli operatori probabilmente si aspettavano che nel breve termine il freddo e la maggior domanda portassero i prezzi verso l’area 35-36 €/tonnellata.
Il raggiungimento dei 40 €/tonnellata, invece, è stato un movimento repentino e improvviso, causato da elementi speculativi che poco hanno a che vedere con i fondamentali di breve termine del mercato.
A inizio febbraio (il 2), ha fatto scalpore un articolo di Bloomberg (Andurand Sees Carbon Tripling as Funds Turn Bullish on Pollution) in cui si dichiarava che alcuni Hedge Fund avessero un target di prezzo per la CO2 a 100 €/tonnellata entro la fine dell’anno (il giorno stesso il prezzo del future della CO2 è passato dai quasi 33 ai 35 €/tonnellata). Il giorno dopo, il prezzo della CO2 in asta primaria (titoli fisici dunque) è arrivato a 38 €/tonnellata e solo una settimana dopo la CO2 ha sforato il tetto dei 40 €/tonnellata. Questo movimento violento sembra dunque non esser stato originato da una situazione fondamentale quanto da una forte presa di posizione di tipo speculativo.
Cosa succederà adesso nel mercato della CO2?
La velocità e la natura del rialzo potrebbero, nel breve termine, non consentire ai prezzi di mantenersi al di sopra dei 40 €/tonnellata, ma il mood generale nel medio termine vede un’azione congiunta di elementi fondamentali e di speculazione che difficilmente consentirà ai prezzi di tornare ai valori visti l’anno scorso.
Effettivamente, gli ambiziosi obiettivi europei per il taglio delle emissioni potranno esser raggiunti solo con dei costi di emissione molto alti, che incentivino gli investimenti in rinnovabili e in tecnologie più green.
Nonostante le ottime intenzioni però, di fatto, il costo della CO2 si riverbera nel costo dell’energia elettrica, tutt’ora in buona parte prodotta da combustibili fossili in molti paesi dell’Unione Europea, e nelle filiere produttive di tutta Europa.
L'Unione Europea, per questo motivo, dovrà essere particolarmente attenta nel calibrare correttamente il bilanciamento fra l’incisività delle misure di riduzione dei gas serra ed il rischio di rilocazione delle industrie, energivore e non, che vedono la propria competitività internazionale messa a dura prova dai costi di annullamento della CO2.
Analisi di mercato: quali elementi considerare per prevedere l’andamento dei prezzi?
Capire il mercato, prevedere l’andamento del prezzo, intuire come evolverà la situazione e anticipare i movimenti. Queste attività, croce e delizia di ogni trader o analista, sono diventate importantissime anche per i clienti che consumano energia elettrica o gas in grandi quantità e che devono...
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Capire il mercato, prevedere l’andamento del prezzo, intuire come evolverà la situazione e anticipare i movimenti. Queste attività, croce e delizia di ogni trader o analista, sono diventate importantissime anche per i clienti che consumano energia elettrica o gas in grandi quantità e che devono decidere un fixing o valutare una nuova fornitura. Ma come funzionano le analisi o i modelli che vengono utilizzati dagli operatori per capire come potrebbe muoversi il mercato?
Dimmi che analisi fai e ti dirò chi sei
Esistono diverse tipologie di analisi che possono essere utilizzate per cercare di anticipare i movimenti dei prezzi e trarre un beneficio economico dall’andamento dei prezzi.
Le analisi, si sa, sono un po' come l’abbigliamento: ciascuno si sente a suo agio vestendo un outfit diverso, ma lo scopo del vestirsi resta il medesimo, ovvero coprirsi.
Ecco, allo stesso modo, ciascun trader, analista o operatore lavora e si focalizza su un determinato tipo di analisi che gli è più congeniale e l’obiettivo rimane lo stesso, ovvero, in questo caso, anticipare un movimento di mercato, capire cosa succederà e muoversi di conseguenza.
Fra le diverse tipologie di analisi possibili, sicuramente tutti hanno sentito parlare dell’analisi tecnica e dell’analisi fondamentale.
Analisi tecnica
L’analisi tecnica è una metodologia di analisi che cerca di intuire i movimenti futuri del mercato andando a ricercare graficamente dei pattern, ovvero degli schemi tipici, e dei livelli di prezzo che “incanalino” il movimento di mercato attuale all’interno di figure ricorrenti. Ad esempio, se il prezzo della CO2 oscilla all’interno di un “canale” fra un minimo e di un massimo, con l’analisi tecnica ci si aspetta che in concomitanza con il raggiungimento del massimo, il prezzo torni giù, mentre vicino al minimo rimbalzo nuovamente in su.
L’analisi tecnica è una metodologia di analisi derivata dai mercati finanziari e viene utilizzata soprattutto sui mercati molto liquidi, come ad esempio la CO2. Ultimamente sta trovando spazio anche nei mercati di energia elettrica e gas, ma più come supporto dell’analisi fondamentale che come metodo di previsione dei prezzi a sé stante.
Analisi fondamentale
L’analisi fondamentale, molto più diffusa per i mercati di energia elettrica e gas, è invece basata sullo studio dei driver, appunto, fondamentali, ovvero i fattori che hanno un impatto sullo stato generale del sistema di domanda/offerta e che dunque hanno un impatto diretto sui movimenti dei prezzi.
Il bilanciamento fra domanda e offerta è il meccanismo alla base della formazione dei prezzi. Ad esempio, se è previsto che nel corso del prossimo mese le navi di LNG in arrivo in Europa saranno pochissime rispetto al normale, assumendo che la domanda di gas naturale rimanga invariata, è facile intuire che una minor offerta di gas provocherà un aumento dei prezzi.
Fare analisi fondamentale, dunque, significa valutare l’impatto di tutti gli elementi della domanda e dell’offerta, cercando di prevedere se l’equilibrio sia possibile agli attuali livelli di prezzo o se la bilancia debba invece pendere maggiormente verso un aumento dei prezzi (scarsità di offerta o aumento della domanda di materia prima) o verso una diminuzione (abbondanza di offerta della materia prima o diminuzione della domanda).
Spesso la sola analisi dei fondamentali non è del tutto sufficiente per ottenere una view, perché affinchè sia possibile stimare l’impatto sui prezzi è necessario che gli operatori valutino anche quali sono gli eventuali elementi psicologici che possono provocare delle reazioni sui mercati e qual è il contesto macroeconomico in cui il mercato si inserisce.
Come funziona un modello per stimare la curva di prezzi attesi
Grazie all’analisi fondamentale è dunque possibile ottenere una view, ovvero uno scenario di previsione degli equilibri futuri di domanda e offerta, che indichi anche un’aspettativa rispetto ai prezzi.
Ma come si passa da una analisi che indica una possibile salita o discesa dei prezzi a dei target di prezzo veri e propri? Come, dunque, si costruisce la curva dei prezzi attesi? Beh, un elemento che può essere di aiuto è il passato.
Osservare come i prezzi hanno reagito in passato ad una situazione di domanda/offerta analoga a quella ipotizzata dalla nostra view consente di ipotizzare di quanto i prezzi potrebbero salire o scendere rispetto ai prezzi attuali. Ad esempio, se in passato un evento di freddo acuto nel mese di febbraio ha provocato un aumento dei prezzi forward fra il 5% e il 7% rispetto al periodo precedente, è possibile utilizzare questa indicazione per quantificare l’aumento atteso qualora si verificasse una condizione analoga in futuro.
Il lavoro degli analisti, insomma, non è affatto semplice e nonostante l’esperienza, la capacità e gli strumenti migliori è possibile che talvolta una view di mercato non si realizzi a causa di eventi imprevisti. Certo è che la costanza e la continua analisi degli elementi fondamentali consente, nel tempo, di conoscere il mercato e imparare ad interpretarlo, cogliendo le occasioni di risparmio o di guadagno e consentendo un miglior approccio alla gestione dell’energia.
Stoccaggi gas: cosa sono e come aiutano a bilanciare domanda e offerta
Il tema degli stoccaggi e del livello di riempimento di questi ultimi viene sempre citato, in maniera più o meno approfondita, fra i driver fondamentali dei prezzi di mercato del gas europeo ed italiano. Ma cosa sono gli impianti di stoccaggio e perché sono così importanti? Cos’è uno stoccaggio?...
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Il tema degli stoccaggi e del livello di riempimento di questi ultimi viene sempre citato, in maniera più o meno approfondita, fra i driver fondamentali dei prezzi di mercato del gas europeo ed italiano.
Ma cosa sono gli impianti di stoccaggio e perché sono così importanti?
Cos’è uno stoccaggio?
Uno stoccaggio di gas naturale è un deposito ricavato sfruttando strutture geologiche naturali, come siti di produzione di gas ormai esauriti o cavità sotterranee di vario tipo, oppure, più raramente, utilizzando serbatoi metallici costruiti appositamente. All’interno di questi serbatoi, naturali o artificiali, viene immagazzinato il gas naturale prelevato dalla rete di trasporto in attesa di esser successivamente estratto per l’utilizzo.
Tipicamente in estate, quando le temperature sono mediamente elevate e la domanda di gas naturale per uso civile è più bassa, il gas viene iniettato negli stoccaggi. Viceversa, nella stagione invernale, quando il freddo causa un aumento della domanda di gas soprattutto per il riscaldamento civile, il gas viene prelevato dagli stoccaggi per essere utilizzato. Dunque, per il periodo che va dal 1 di aprile al 30 settembre si parla stagione di iniezione o immissione (del gas in stoccaggio), mentre dal 1 di ottobre al 31 di marzo di stagione di prelievo o erogazione.
A cosa serve lo stoccaggio?
Una piccola quota dello spazio di stoccaggio (intorno al 20-25%) viene dedicata alle cosiddette riserve strategiche, ovvero delle quantità di gas che vengono stoccate per far fronte a problematiche importanti relative all’importazione o a crisi del sistema gas nazionale che possono provocare una carenza di materia prima tale da mettere a rischio il paese. Questa quota resta inutilizzata fino al sopravvenire di un evento eccezionalmente importante e che ne giustifichi l’impiego.
La quota rimanente, quella di cui si parla proprio in riferimento ai mercati, viene dedicata all’utilizzo commerciale per la modulazione della domanda. Tendenzialmente gli stoccaggi costituiscono un importantissimo cuscinetto di riserva che consente di soddisfare la maggior domanda invernale e le eventuali fluttuazioni di domanda all’interno della stagione. Sono delle vere e proprie riserve di flessibilità che aiutano a modulare l’offerta di gas disponibile nel sistema, per lo più su base stagionale, ma anche a soddisfare, in alcuni casi, picchi di domanda giornalieri/periodici.
Come incide il livello di riempimento degli stoccaggi sui prezzi?
La domanda di gas destinato all’immissione in stoccaggio è una quota importante della domanda gas dei mesi estivi e consente, nell’arco dei sei mesi, di ripristinare le scorte di gas destinate al consumo durante l’inverno.
Il livello di riempimento degli stoccaggi, dunque, oscilla fra un livello minimo, normalmente raggiunto verso fine marzo, e un livello massimo, che coincide con l’inizio dell’inverno (fine settembre/inizio ottobre).
Durante l’estate, quando i riscaldamenti non sono accesi e dunque la domanda di gas è più bassa, gli operatori acquistano il gas per immetterlo negli stoccaggi. Più sono bassi i prezzi, più gli operatori tendono ad acquistare il gas per rivenderlo durante l’inverno, quando i prezzi sono normalmente più alti.
In Europa, circa il 20-30% del totale di gas utilizzato nel periodo invernale proviene da stoccaggi. Per questo motivo, se il livello di riempimento degli stoccaggi all’inizio dell’inverno è molto alto (come è successo a inizio di ottobre 2019), il sistema gas nei mesi invernali può godere di una relativa abbondanza di materia prima per far fronte ai picchi di domanda causati dal freddo o a una diminuzione delle importazioni e dunque i prezzi tendono ad essere più bassi e rilassati. Viceversa, se il livello di riempimento è inferiore, esiste il rischio che un calo di temperatura importante o un problema di approvvigionamento provochi un aumento di domanda al quale non si riesce a far fronte, con un conseguente rialzo dei prezzi.
La flessibilità data dagli stoccaggi dunque è fondamentale per consentire un adeguato bilanciamento fra domanda e offerta.
Qual è la situazione del sistema gas europeo a inizio gennaio?
E’ appena terminato un anno particolare e anche su energiaelettrica e gas ci sono stati grandi scossoni. Qual è la situazione del sistema gas europeo a inizio gennaio? Meteo e temperature L’inverno è finalmente arrivato, e con esso è arrivato il freddo e la neve, almeno in buona parte dei...
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E’ appena terminato un anno particolare e anche su energia elettrica e gas ci sono stati grandi scossoni. Qual è la situazione del sistema gas europeo a inizio gennaio?
Meteo e temperature
L’inverno è finalmente arrivato, e con esso è arrivato il freddo e la neve, almeno in buona parte dei paesi del centro Europa.
Le condizioni meteo di questi primi mesi di inverno sono state ben diverse da quelle che hanno caratterizzato l’ultimo trimestre del 2019. Le temperature, infatti, sono state spesso più rigide di quanto mediamente non accada fra novembre e dicembre. Questo ha spinto i consumi di gas sia per uso civile che per uso termoelettrico. Come è tipico del periodo, i prezzi del gas, molto sensibili alle temperature rigide invernali, hanno reagito al rialzo.
Navi LNG
Il freddo è arrivato anche nell’area asiatica ed in particolare in Giappone e Corea del Sud (la cosiddetta area JKM, ovvero Japan and Korean Marker), paesi che utilizzano il gas naturale come primaria fonte per il riscaldamento civile. Poiché la domanda asiatica di gas (e di conseguenza il prezzo del gas) è aumentata sensibilmente a causa di temperature più basse rispetto alla normale stagionale, le navi di LNG, soprattutto provenienti dal Nord America, sono state dirottate verso l’area JKM, massimizzando i margini dei venditori e diminuendo l’afflusso di LNG in Europa, dove i prezzi sono saliti di conseguenza. In Europa, a dicembre, le navi in discarica sono state circa la metà delle navi arrivate nel dicembre 2019.
Stoccaggi
Proprio a causa delle temperature rigide, il gas stoccato durante l’estate è stato abbondantemente utilizzato durante l’ultimo trimestre del 2020, al punto che il livello di riempimento degli stoccaggi a fine dicembre è inferiore rispetto all’anno scorso (va però ricordato che il 2019 è stato un anno eccezionale in quanto ad abbondanza di gas in stoccaggio). Per quanto, dunque, le riserve siano state utilizzate nel corso di novembre e dicembre, i livelli di riempimento degli stoccaggi restano in linea con i valori normali del 2017 e 2018.
Import
I livelli di import europeo via pipeline sono nella norma; su questo fronte una novità, per quanto riguarda l’Italia, è la messa in esercizio del TAP, un tubo che porta il gas dall’ Azerbaijan alla Puglia, passando da Turchia, Grecia, Albania e attraversando il mar Adriatico. Grazie a questo, si è ridotto il premio che il gas italiano ha sempre avuto rispetto agli altri hub europei (es TTF), diminuendo dunque lo spread e avvicinando il PSV ai mercati più competitivi dell’Europa centrale.
Cosa possiamo aspettarci?
È possibile che la situazione di attuale scarsità di LNG permanga anche nel corso del primo trimestre di gennaio, nonostante siano previste temperature più in linea con i valori medi stagionali sia in Europa che in Asia già a partire da metà/fine gennaio. Non è escluso, inoltre, che si verifichino picchi di freddo artico di breve durata, che potrebbero portare spike sullo short term.
L’evoluzione della pandemia di Covid e le misure di limitazione degli spostamenti sembrano avere poco grip per quanto riguarda le dinamiche della domanda del gas naturale.
Quali sono i driver del mercato energetico nel 2021
Inizia un nuovo anno: vediamo quali sono i temi caldi di questo primo trimestre del 2021 All’inizio del 2021 osserveremo la naturale evoluzione di alcuni grandi temi che hanno caratterizzato l’anno appena passato ed in particolare gli ultimi due-tre mesi. Covid e vaccino Dopo un periodo...
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Inizia un nuovo anno: vediamo quali sono i temi caldi di questo primo trimestre del 2021
All’inizio del 2021 osserveremo la naturale evoluzione di alcuni grandi temi che hanno caratterizzato l’anno appena passato ed in particolare gli ultimi due-tre mesi.
Covid e vaccino
Dopo un periodo festivo decisamente singolare, fra lockdown, distanziamento e divieti alla libera circolazione, uno degli argomenti più di attualità resta senza dubbio lo svolgersi della campagna di vaccinazione legata al COVID-19 e l’effetto di quest’ultima, insieme alle misure di limitazione agli spostamenti, sulla curva dei contagi. Pur essendo ancora troppo presto per giudicare l’efficacia della campagna di vaccinazione, iniziata già in dicembre, cresce l’ottimismo sui mercati, soprattutto quelli azionari, che continuano ad apprezzarsi nonostante le condizioni poco incoraggianti dell’economia “reale”.
Anche i mercati energetici, dal petrolio al gas naturale e all’energia elettrica, di riflesso, sembrano beneficiare di questo mood positivo. Tuttavia, le ragioni dei rialzi recenti sono da ricercarsi anche in diversi altri fattori che hanno avuto, e continueranno ad avere, un forte impatto sui prezzi del comparto energy in Europa.
Gas
Come abbiamo spiegato anche nell’articolo investimenti LNG e conseguenze a lungo termine, uno dei fattori scatenanti del rally dei prezzi del gas di fine 2020 sono state le temperature asiatiche che, più rigide della norma, hanno comportato un violento aumento della domanda di gas, in particolare di LNG. I prezzi del gas in Giappone e Corea sono saliti al punto da attrarre buona parte delle navi di LNG disponibili, causando un minor afflusso di navi in Europa fra novembre e (in particolar modo) dicembre. Questo tema di fine anno potrebbe protrarsi anche per i primi mesi del 2021, almeno fino ad una distensione della tensione in area asiatica che avverrà in concomitanza con l’arrivo di temperature più miti.
Energia elettrica
Anche per quanto riguarda l’energia elettrica il quadro di questo primo trimestre risulta complesso e legato a diversi fattori contingenti che incidono sia sui temi fondamentali che sull’attitudine degli operatori. In particolar modo, a causa dell’implementazione delle misure di contenimento della pandemia di Covid, un fattore determinante riguarda la situazione del parco di generazione nucleare francese. Le manutenzioni delle centrali, ritardate durante l’anno scorso proprio a causa dei diversi lockdown, potrebbero incidere sulla disponibilità dell’output nucleare proprio in questi primi mesi dell’anno, quando temperature particolarmente rigide potrebbero causare un aumento consistente della domanda di energia elettrica.
Ad aggravare la situazione nucleare francese, inoltre, si aggiungono le agitazioni sindacali dei lavoratori delle centrali a seguito del piano di ristrutturazione del colosso nazionale EDF che prevederebbe una massiva campagna di licenziamenti.
Anche il prezzo della CO2, che ha risentito dell’ondata di positività dei mercati finanziari di fine anno, incide sulle dinamiche dei prezzi dell’energia elettrica, supportando i prezzi in una situazione di tensione generale.
Meteo e temperature
Molti dei temi di attualità di questo inizio anno, dunque, sono legati al meteo e alle condizioni metereologiche, che saranno da monitorare almeno fino all’arrivo della primavera.
Anche la disponibilità di vento, e dunque di produzione rinnovabile, è un tema di questo primo trimestre. Infatti, proprio fra gennaio e marzo, tendenzialmente, la produzione eolica raggiunge il picco stagionale, in particolar modo in Germania. Qualora questa fosse in linea con le aspettative, potrebbe parzialmente sopperire alla scarsità di energia nucleare prevista in Francia, ma qualora non lo fosse, ovviamente, comporterebbe ulteriori tensioni sui prezzi spot dell’energia elettrica.
Comincia un nuovo anno, fate attenzione al termometro!
In generale, sia il sistema gas che il sistema elettrico europei presentano una riserva di flessibilità ed una capacità di adattamento alle contingenze molto più limitata rispetto all’anno scorso e il fattore meteo, nel caso in cui si presentino temperature particolarmente rigide, potrebbe portare ad un ulteriore salita dei prezzi futures, già apprezzatisi nell’ultimo trimestre proprio di riflesso al potenziale rischio insistente sulla seconda parte dell’inverno. Attenzione dunque al termometro e buon anno!
Approfondimenti sul mercato Energia Green
Energia rinnovabile, mix energetico e spinta green europea
Da ormai 20 anni è iniziato il percorso dell’Unione Europea verso lo sviluppo e l’incremento del parco di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Ma qual è la situazione ad oggi e come l’incidenza della produzione rinnovabile ha modificato (e modificherà) le dinamiche della...
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Da ormai 20 anni è iniziato il percorso dell’Unione Europea verso lo sviluppo e l’incremento del parco di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Ma qual è la situazione ad oggi e come l’incidenza della produzione rinnovabile ha modificato (e modificherà) le dinamiche della generazione elettrica in Europa?
Qualche numero
Guardando ai dati (la cui fonte sono i TSO nazionali) della produzione elettrica del 2019 di alcuni fra i principali paesi europei (Italia – Francia – Germania – Spagna), si possono capire alcuni elementi fondamentali che caratterizzano i diversi mercati e le dinamiche che si riscontrano sui prezzi.
Italia: la fonte prevalente per la produzione elettrica è il gas naturale (oltre il 45%), le rinnovabili e l’idroelettrico producono quasi il 40% dell’energia totale e il carbone ha un ruolo limitato a meno del 10%.
Francia: oltre il 70% è prodotto dal nucleare, rinnovabili e idroelettrico cubano quasi il 20%, mentre il rimanente è prodotto da gas o altri combustibili.
Germania: oltre il 40% è stato prodotto da rinnovabili e idroelettrico, il carbone ha il ruolo di fonte fossile primaria (quasi il 35%), poi nucleare e gas.
Spagna: rinnovabili e idroelettrico coprono quasi il 40% del totale, seguite da gas (oltre il 30%) e nucleare (poco più del 20%), mentre il carbone e altri combustibili hanno un ruolo marginale.
Dai grafici qui sopra possiamo notare come la quota di produzione elettrica da fonti rinnovabili sia rilevante (vicino al 40%) in tutti i Paesi considerati, eccezion fatta per la Francia, dove le politiche nazionali volte a massimizzare i profitti del nucleare non hanno ancora permesso alla quota verde di oltrepassare il 20%.
Rinnovabili, impatto sul mix energetico
In un parco di generazione così ricco di fonti rinnovabili non programmabili (in particolare fotovoltaico ed eolico), però, non è possibile ipotizzare, nel breve periodo, una completa dismissione delle centrali a combustibile tradizionale. A causa della non programmabilità e della frequente oscillazione dell’output rinnovabile, infatti, è necessario affiancare alle rinnovabili delle centrali di produzione programmabili e flessibili, per sopperire alla domanda nei momenti in cui il sole o il vento non fossero disponibili. Proprio per questo motivo, il gas naturale risulta essere la fonte di generazione termoelettrica preferibile, sia per la maggiore flessibilità che offre rispetto ad esempio al carbone, sia per la minor quantità di emissioni prodotte nel processo di combustione.
L’elevata quota di rinnovabili nel mix di generazione, oltre a necessitare di risorse flessibili ad integrazione, ha altri risvolti meno evidenti. Se con gas e carbone l’impatto del fattore meteo è poco rilevante rispetto alla produzione, con le rinnovabili questo assume una importanza cruciale. Sole o nuvole, vento forte o leggero, pioggia o siccità. Questi elementi diventano più importanti con il progredire della penetrazione delle rinnovabili nel mix di produzione elettrica e per questo motivo il fattore meteo entra ancor più prepotentemente fra gli elementi che determinano i prezzi nel breve termine.
Rinnovabili e futuro, l’impulso green europeo
La spinta green dell’Unione Europea ha visto diversi paesi, prima fra tutti la Germania, pianificare una uscita imminente dalla produzione elettrica da carbone/lignite (combustibili particolarmente nocivi dal punto di vista delle emissioni) e l’Italia stessa ha dichiarato il medesimo obiettivo, pianificando la riconversione di alcune grosse centrali a carbone per sfruttare come combustibile il gas naturale.
Gli investimenti in rinnovabili sono stati pianificati e sostenuti nel tempo per poter sopperire in buona parte a questa futura minore produzione da fonti fossili e per consentire la riduzione delle emissioni, in particolare di CO2, in accordo anche agli obiettivi dell’EU al 2030.
Negli ultimi anni gli incentivi alle rinnovabili, dapprima implementati dai governi dei diversi paesi attraverso forme di sostegno dei ricavi della vendita dell’energia prodotta, sono stati sostituiti progressivamente da incentivi indiretti, più concentrati sul disincentivo economico delle fonti fossili più inquinanti (il sostegno ai prezzi della CO2 ne è un esempio). L’obiettivo è la grid parity, ovvero la convenienza economica di investimenti in rinnovabili senza necessità di un supporto governativo per garantirne l’appetibilità e questo traguardo sembra sempre più vicino.
La spinta verso l’energia pulita, però, non è solo un impulso che proviene dalle politiche europee o nazionali, ma sta diventando negli ultimi anni un bisogno espresso da molti consumatori. La maggior sensibilità al tema del futuro sostenibile ha fatto sì che una quota sempre più rilevante di clienti, sia civili che industriali, richieda specificatamente contratti di fornitura con certificazione della provenienza rinnovabile dell’energia.
Chi non ha la possibilità di installare fisicamente pannelli fotovoltaici o pale eoliche per autoprodurre l’energia rinnovabile di cui ha bisogno, infatti, può richiedere al proprio fornitore di acquistare energia prodotta al 100% da fonti rinnovabili, la cui certificazione è costituita dalle garanzie d’origine, ovvero delle “etichette” che assicurano la provenienza dell’energia da uno specifico impianto rinnovabile.
Il futuro appare, dunque, sempre più sospinto verso l’energia pulita, le scelte sostenibili, l’efficienza energetica e l’attenzione all’ambiente. Anche se non potremo fare a meno di tecnologie convenzionali nel breve termine, assisteremo nei prossimi 10-20 anni all’evoluzione del mix energetico, allo sviluppo di sistemi di stoccaggio dell’energia rinnovabile e all’introduzione di nuove tecnologie a minor impatto ambientale come l’idrogeno.
2021 e CO2, i prezzi saliranno?
Se il 2020 è stato un anno sotto molti (troppi) aspetti turbolento, il 2021, almeno per quanto riguarda il mercato della CO2 e, a cascata, quelli di power e gas europei, sembra prospettarsi altrettanto impegnativo. Legge Europea sul clima Dopo la proposta della presidente della Commissione...
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Se il 2020 è stato un anno sotto molti (troppi) aspetti turbolento, il 2021, almeno per quanto riguarda il mercato della CO2 e, a cascata, quelli di power e gas europei, sembra prospettarsi altrettanto impegnativo.
Legge Europea sul clima
Dopo la proposta della presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen che durante l’estate ha spinto l’ormai noto Green Deal per l’innalzamento dei target di riduzione delle emissioni al 2030, nel mese di ottobre il Parlamento Europeo ha iniziato l’iter burocratico di votazioni, modifiche e approvazioni che dovrebbe portare entro il 2030 il target di riduzione delle emissioni di gas serra (inclusa quindi la CO2) dall’attuale 40% al 60% rispetto ai valori del 1990. Ancora non è stata ratificata la legge europea di approvazione di questo nuovo target, ma tutto sembra indicare che il -60% sia l’obiettivo generalmente condiviso dai Paesi Europei, con l’eccezione di Polonia e Slovacchia, i quali hanno richiesto alcune modifiche al testo originale. Se questo target dovesse essere definitivamente approvato, i Paesi Europei dovranno fare sforzi importanti per diminuire le emissioni, non escludendo anche l’introduzione di un prezzo minimo per la CO2 che sia, da un lato, sufficientemente alto da spingere i soggetti emittenti a compiere investimenti, ma, dall’altro, che non spinga le industrie europee verso la delocalizzazione in Paesi extra EU. Inoltre, la riduzione di emissioni verrà probabilmente estesa anche a settori che ad oggi non sono soggetti, come i trasporti marittimi e terrestri (i trasporti aerei sono già soggetti all’obbligo).
Se la Legge Europea sul clima porterà degli effetti di mercato nel medio-lungo termine, non escludendo rialzi psicologici e speculativi nel breve termine, di più immediato impatto sono il tema Brexit e la fase 4 del sistema ETS.
Brexit
Sono ancora in una zona grigia molti aspetti legati alla Brexit, fra cui anche le modalità di gestione delle emissioni di UK che al 31/12/2020 uscirà definitivamente dal sistema ETS europeo. Nonostante le dichiarate intenzioni dei britannici di voler costituire un sistema ETS UK allineato con quello europeo, ancora è incerta la situazione che si verificherà a partire dal 1° gennaio. Se UK non fosse pronta per avviare il proprio mercato ETS, armonizzandolo con quello europeo, potrebbe essere introdotta una carbon tax che porterebbe con sé un forte disallineamento dei prezzi fra UK e continente.
È di questi giorni la notizia che la Commissione Europea ha pubblicato le quote di emissioni che verranno sottratte dal mercato ETS europeo (come riserva del meccanismo MSR) nel 2021, includendo nei calcoli fatti per la valutazione della riserva anche il nuovo assetto del sistema senza UK. In ogni caso si attende una decisione da parte di UK riguardo l’armonizzazione dei due sistemi per valutarne le conseguenze sul sistema europeo.
FASE 4 ETS
Da gennaio, inoltre, si entra nella cosiddetta FASE 4 del sistema ETS europeo, la quale prevede, fra le altre cose, l’incremento del fattore lineare di riduzione (FLR) dall’1,74% al 2,2%. In altre parole, si abbassa il tetto delle emissioni “accettabili”, nell’ottica di raggiungimento dei target europei al 2030. Questa riduzione, decisa anni fa, era calibrata per arrivare al 2030 con una riduzione del 40% di emissioni rispetto al 1990, ma potrebbe essere soggetta ad una ulteriore modifica al rialzo, se venisse ratificato dell’EU l’accordo sul clima con il target al 60%.
Nella fase 4, inoltre, diminuiranno le quote di emissione assegnate a titolo gratuito ai soggetti industriali europei, andando a diminuire il numero di soggetti che ne potranno usufruire e obbligando, di fatto, le realtà che ne saranno escluse ad acquistare una parte consistente delle proprie quote di emissione a prezzi di mercato. Anche questo fattore potrebbe portare ad un aumento di domanda con conseguente impatto rialzista sui prezzi.
MSR
Infine, nel 2021 è prevista una revisione del sistema di Market Stability Reserve, ovvero del sistema di sottrazione di quote di emissione dal mercato per diminuire l’offerta e spingere i soggetti obbligati ad investire in opere di riduzione delle emissioni. È possibile che per allinearsi alla legge sul clima europea, l’MSR debba aumentare le quote da sottrarre di anno in anno, provocando ulteriore diminuzione di titoli disponibili.
Impatto sui prezzi dell’energia e del gas
La CO2 è uno degli elementi che maggiormente influenza il prezzo dell’energia elettrica e un driver importante anche in relazione al gas naturale.
A seguito degli sviluppi relativi alle tematiche sopracitate, nel 2021 potremmo assistere a sviluppi regolatori/politici di forte impatto sul mercato della CO2 e di conseguenza anche sul mercato di gas e power. L’alta volatilità nei periodi rilevanti rispetto alle date chiave farà da contraltare ad un clima di generale attesa rialzista sui mercati. L’incognita coronavirus rende il quadro suscettibile di ulteriori incertezze, soprattutto sul lato della domanda di titoli, ma potrebbe rimanere una parentesi temporale limitata rispetto allo sviluppo dei temi regolatori di più lungo termine.
Investimenti LNG e conseguenze a lungo termine
Gas Naturale liquefatto: Come abbiamo detto nell’articolo “Gas: quali sono i 3 fattori principali che incidono sul prezzo?”, del gas annualmente immesso nel sistema europeo più dell’80% è gas importato dall’estero, in parte via tubo dai paesi adiacenti (Russia, Norvegia e Nord Africa) e in...
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Gas Naturale liquefatto:
Come abbiamo detto nell’articolo “Gas: quali sono i 3 fattori principali che incidono sul prezzo?”, del gas annualmente immesso nel sistema europeo più dell’80% è gas importato dall’estero, in parte via tubo dai paesi adiacenti (Russia, Norvegia e Nord Africa) e in parte via nave da paesi esportatori anche abbastanza lontani dall’Europa (come Qatar, USA e Nigeria). Poiché gli ultimi anni hanno visto un incremento importante dei carichi di LNG diretti verso le coste europee, fino a pesare più del 20% del totale del gas importato, è importante comprendere i risvolti che l’approvvigionamento del gas naturale liquefatto porta con sé.
Alcune caratteristiche dell’LNG
Innanzitutto, la peculiarità dell’LNG (o GNL) è la sua dimensione globale. Non si tratta più infatti di gas proveniente da paesi limitrofi, confinanti o collegati da tubo, ma di gas che viene esportato da paesi spesso geograficamente distanti. Ciò che guida i flussi di LNG non è dunque la prossimità o il fatto di aver investito in gasdotti per garantire flussi decennali di gas, come è tipico del gas importato tradizionalmente via pipeline, ma la convenienza economica. Se il prezzo del gas che viene pagato in Europa è sufficientemente alto da coprire il costo della materia prima, le fee di liquefazione e rigassificazione e i costi del trasporto via nave (tendenzialmente sia l’andata che il ritorno), l’LNG viene venduto in Europa. Viene dunque liquefatto nel paese esportatore, caricato su una nave metaniera che lo mantiene a pressione costante e ad una temperatura inferiore ai -160°C e trasportato a destinazione, dove verrà immesso in un impianto di rigassificazione e successivamente immesso nelle reti di trasporto europee.
Una seconda caratteristica importante dell’LNG è la sua flessibilità, sia come fonte di approvvigionamento addizionale nel momento in cui è necessario immettere maggiori quantità di gas nel sistema europeo, sia come varietà delle fonti e delle tratte di provenienza geografica. Infatti, il gas trasportato via nave può aggirare aree di tensioni geopolitiche, assicurando così l’approvvigionamento nonostante guerre o inasprimenti di conflitti di lunga data, diversamente dal gas importato tradizionalmente via pipeline (sono negli annali le tensioni fra Russia e Ucraina che hanno spesso comportato ripercussioni sugli approvvigionamenti di gas europei provenienti da quell’area). Altrettanto importante è l’impatto dell’LNG sulla diversificazione delle fonti di approvvigionamento e, dunque, sulla riduzione dalla storica dipendenza dell’Europa dal gas russo.
I risvolti globali dell’LNG
L’industria dell’LNG ha visto un exploit negli ultimi anni, non solo in Europa, come abbiamo appena detto, ma anche a livello globale. Notevoli sono stati gli sforzi, sia da parte dei paesi produttori, che hanno investito molto in impianti di liquefazione e hanno così trovato nuovi sbocchi per vendere il proprio gas, sia da parte dei paesi importatori che hanno intrapreso una massiccia opera di costruzione di infrastrutture aumentando la capacità di rigassificazione un po' su tutte le coste.
Questa nuova dimensione globale del mercato del gas, oltre agli evidenti vantaggi, porta con sé anche delle implicazioni di carattere economico e politico. Nel momento in cui la domanda di gas di un’area del globo fosse così alta da far aumentare i prezzi locali, i carichi di LNG verrebbero dirottati su quell’area, garantendo ritorni maggiori, a scapito dell’approvvigionamento di altri mercati più economici e dunque meno redditizi. È questo spesso ciò che si verifica in alcuni periodi dell’anno e che vede coinvolte l’area asiatica (Cina, Giappone e Corea del Sud) e l’Europa. È capitato (ad esempio nell’estate del 2018), e capiterà ancora, che la domanda asiatica fosse così alta da attrarre numerosi carichi originariamente destinati al mercato europeo, drenando gas addirittura già immesso nel sistema europeo e provocando una carenza di offerta e un conseguente rialzo dei prezzi locali.
Inoltre, in un mercato più globale, anche elementi di origine geopolitica o macroeconomica lontani dai nostri confini riescono a filtrare ed avere risvolti sui prezzi del gas europeo. Se, ad esempio, si dovesse verificare un evento imprevisto che coinvolge un paese esportatore o una traiettoria di passaggio per le navi di gas, questo potrebbe provocare un impatto sui prezzi europei. Un esempio di questa dinamica è abbastanza recente, si parla del 2019, quando è stata attaccata una petroliera nello stretto di Hormuz, rotta principale delle navi di LNG che dal Qatar navigano verso i porti europei.
Prospettive
L’impatto dell’LNG sui mercati gas europei è dunque sempre maggiore e gli investimenti in questo ambito sono stati ingenti, fino a poco tempo fa. L’unica incognita nell’evoluzione futura dell’LNG rimane la scarsità di nuovi investimenti a causa di un’annata 2020 ricca di incognite. Quest’anno, infatti, con l’epidemia di Covid e i prezzi del gas generalmente molto bassi, l’attrattività di nuovi investimenti è stata frenata da prospettive di ritorno più lunghe, provocando una battuta di arresto nello sviluppo di nuove infrastrutture (si parla di impianti previsti o prevedibili per i prossimi 5-10 anni).
Solo un rialzo sostanziale e sano dei prezzi e, in generale, una ripresa dell’economia convinta potrà ridare una spinta ulteriore agli investimenti per i prossimi anni.
Policy per la gestione della fornitura energetica: elaborare una policy step by step
La policy, come abbiamo detto nell’articolo, "Policy per la gestione della fornitura energetica: una guida ai processi" è uno strumento che consente di disciplinare i vari aspetti necessari al corretto svolgimento delle attività oggetto della policy stessa. Dunque, una policy per la gestione...
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La policy, come abbiamo detto nell’articolo, "Policy per la gestione della fornitura energetica: una guida ai processi" è uno strumento che consente di disciplinare i vari aspetti necessari al corretto svolgimento delle attività oggetto della policy stessa. Dunque, una policy per la gestione della fornitura di energia elettrica e gas naturale è lo strumento che guida le scelte e le azioni dell’energy manager o della figura che se ne occupa, in relazione alla fornitura.
Da dove cominciare? Quali aspetti devono esser definiti?
1. Che cosa?
Prima di tutto è necessario definire gli obiettivi e gli ambiti di applicazione della policy, cioè quali attività e processi sono interessati. Oggetto della policy può essere la definizione del processo e dei criteri per la scelta del fornitore e/o della tipologia di contratto (prezzo fisso/variabile con fixing/…) oppure la gestione dei fixing contrattuali, a seconda di quali siano le specifiche necessità.
2. Chi fa cosa?
Poi è importante definire i ruoli e le responsabilità delle persone coinvolte. Chi si occupa di che cosa e con quale livello di indipendenza/delega decisionale. Ad esempio, per la scelta del fornitore e del contratto il finance si occuperà della valutazione della solidità finanziaria dei fornitori, l’energy manager della scelta del miglior pricing, il legale dell’accettazione delle condizioni generali e particolari del contratto. Evitare il più possibile ambiguità su questo tema permette ai soggetti coinvolti di aver chiaro il perimetro operativo e il ruolo di ciascuno nel processo decisionale o di gestione.
3. Come si fa? Quando si fa?
Si deve entrare poi più nel dettaglio del cosa si deve fare e come. La definizione di una linea guida chiara per i processi da seguire per la scelta di un fornitore o di un contratto o per la sua gestione è fondamentale per consentire ai soggetti coinvolti di operare secondo i princìpi dell’azienda. In questa parte dovranno dunque esser stabilite le tempistiche (es: entro quando fare la selezione, entro quando avere un contratto firmato, …), le modalità con cui compiere la valutazione (es: scegliere il fornitore che offre il prezzo più basso? O dare priorità ad altri criteri altrettanto importanti come la situazione finanziaria/patrimoniale? Quale mix di criteri si vuole adottare? …) e la prassi da seguire per la gestione contrattuale (es: come operare scelte sui fixing o come muoversi per la disdetta contrattuale).
4. Con quali strumenti?
È importante anche specificare quali siano gli eventuali strumenti a supporto dei processi e delle decisioni, ad esempio se la società si affida ad un consulente, a un data provider o un servizio newsletter per seguire i mercati o se vengono utilizzati files/programmi per il risk management.
Attenzione, però! Il risultato finale non deve essere un insieme stringente di regole e procedure ferree da seguire pedissequamente, ma una linea guida che consenta ai diversi soggetti coinvolti di operare con un determinato livello di libertà e discrezionalità. Quindi, sì a limiti operativi e confini discrezionali, no a manuale operativo e procedure rigide!
Ad ognuno la sua policy
Chiaramente, a seconda della realtà aziendale e delle specifiche esigenze, la policy può essere un documento più o meno complesso e più o meno formale. Una società più strutturata e con diversi livelli di delega, probabilmente utilizza la policy come strumento organizzativo e procedurale, istituendo diversi gradi di controllo dei processi e dei risultati conseguiti. Una società di dimensioni minori e con un organico meno numeroso, invece, grazie alla policy può supportare il lavoro dell’energy manager o dei soggetti che si occupano della gestione della fornitura, semplificando le scelte e consentendo di operare con più efficienza.
Inoltre, poiché le situazioni, le persone e le organizzazioni sono sempre in evoluzione, è importante rivedere periodicamente quanto definito nelle policy, così da modificarlo e adattarlo di anno in anno alla realtà aziendale e alle persone che vi lavorano. Ad esempio, vengono introdotti nuovi strumenti? Si sceglie un nuovo approccio al pricing? La scelta del fornitore deve seguire nuove logiche? Tutto ciò deve essere integrato nella policy per riflettere nelle linee guida le mutate condizioni a contorno.
A prescindere quindi dalle dimensioni aziendali, la policy è uno strumento utile per affrontare razionalmente e con metodo la gestione del contratto di fornitura energetica, nel rispetto dei princìpi della società e del ruolo dei soggetti coinvolti.
Policy per la gestione della fornitura energetica: una guida ai processi
Un secondo tema fondamentale quando si parla di ottimizzazione della fornitura energetica e di gestione del rischio sono i processi e gli strumenti da utilizzare. Che si tratti di rinnovare annualmente l’offerta di fornitura a prezzo fisso o di gestire i fixing di un contratto a prezzo variabile,...
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Un secondo tema fondamentale quando si parla di ottimizzazione della fornitura energetica e di gestione del rischio sono i processi e gli strumenti da utilizzare. Che si tratti di rinnovare annualmente l’offerta di fornitura a prezzo fisso o di gestire i fixing di un contratto a prezzo variabile, è importante che i soggetti che se ne occupano abbiano ben chiaro quali sono le modalità e gli strumenti da utilizzare per compiere delle scelte.
Facciamo un esempio. Stipulando il rinnovo del contratto di fornitura di energia elettrica o gas, ho ottenuto un prezzo molto più alto rispetto all’anno precedente. Probabilmente dovrò giustificare le mie scelte a qualcuno e, altrettanto probabilmente, questo qualcuno non sarà molto contento del prezzo ottenuto. Se però ho richiesto le offerte ai fornitori nei tempi e nei modi definiti nella policy e ho utilizzato le linee guida della policy per scegliere l’offerta migliore, pur avendo ottenuto un prezzo poco soddisfacente, ho comunque operato secondo quanto richiesto e dunque ho conseguito il mio obiettivo (rinnovare il contratto di fornitura) nella maniera corretta.
È chiaro che, se mi trovassi ad operare le stesse scelte senza il supporto di una policy che definisca le modalità, le tempistiche e i criteri da utilizzare per scegliere il fornitore, avrei più difficoltà a dimostrare la bontà del mio operato. Ma non solo, anche scegliere autonomamente come farlo o quando farlo non sarebbe affatto semplice.
Ancor più complicata potrebbe essere la gestione dei fixing, e del rischio prezzo, senza una linea guida che ci aiuti e supporti in questa attività. Ad esempio, se ho firmato un contratto di fornitura a prezzo indicizzato con possibilità di fixing e i prezzi del mercato continuano a salire e salire e salire… che si fa? Faccio un fixing per limitare i danni? Aspetto per non fissare un prezzo troppo alto? E se i prezzi non tornano giù? E se invece scendono e ormai ho fissato un prezzo troppo alto?
Sono queste le domande (e lo stress che generano) che rischiano di farci commettere degli errori nella gestione della fornitura, complice il fatto che l’ottimizzazione dei costi energetici è spesso strategica e cruciale rispetto agli economics delle aziende. Se però abbiamo a disposizione una policy che definisca chiaramente quali sono le modalità per gestire una situazione del genere, quali criteri adottare per decidere di fare un fixing, allora buona parte, non solo dello stress, ma anche del rischio di commettere errori viene eliminato.
La decisione di fare o non fare un fixing non solo viene guidata da logiche chiare e razionali, ma, pur rimanendo una responsabilità del soggetto che se ne occupa, non risulta più una decisione arbitraria e soggettiva.
Nella policy, dunque, è fondamentale definire il più chiaramente possibile quali sono i criteri da adottare per compiere le scelte, quali sono gli strumenti da utilizzare a supporto delle attività e le modalità operative ed i processi per l’ottimizzazione del contratto di fornitura. Solo strutturando una policy chiara e completa si può ottenere una gestione ottimale della fornitura energetica, sia dal punto di vista di chi controlla l’attività che da quello di chi se ne deve occupare in prima persona.